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Il primo passo lungo l’Italia della bellezza parte da un territorio intriso di eccellenze. Tra queste spicca Villa Franceschi, un classico esempio di villa veneta, di proprietà della famiglia Dal Corso. Essere ospiti qui permette di conoscere e penetrare una realtà assai rara, unica. Impegno, dedizione, costanza, ricerca: le parole che meglio descrivono e riassumono la famiglia Dal Corso, dai grandi valori.
Hotel Villa Franceschi, un paradiso. L’eleganza subito tangibile è un qualcosa di soffice che si percepisce solcando l’antico cancello d’entrata della dimora. Qui tutto è delicato, misurato, posato. Una casa, un’antica villa adagiata lungo le sponde del fiume Brenta, un parco lussureggiante.
L’ospitalità di Alessandro Dal Corso, maitre de maison con il fratello Dario, nonchè della sua famiglia è stata a dir poco regale.
La stanza assegnatami uno scrigno ricolmo di in un’atmosfera d’altri tempi: paralumi, quadri antichi, ceramiche, stucchi.

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Una nota di merito (cum laude) al Ristorante Margherita che serve le eccellenze locali del territorio preparate dalle mani esperte di Chef Remigio Dal Corso (il capofamiglia) con il suo team. Tutti i piatti sono vere leccornie, capolavori alla vista e miracoli per il palato. Il primo vero coup de theatre appena ho assagiato un indescrivibile gelato al pistacchio di Bronte, mantecato direttamente in cucina. Tutto e davvero tutto è diventato così letteralmente: sublime.
Essere ospiti, abitare la villa e i suoi spazi pervade la mente di quel senso di casa, dall’essere benvoluti. Ospiti di riguardo, come in ogni dimora del circuito di Relais et Châteaux. Una garanzia, sempre. Una melodia che riesce a restaurare qualsiasi mal d’animo.
La colazione, al mattino, servita durante la bella stagione nel cortile antistante l’antica villa ha in sottofondo il tubare delle tortore, una leggera ma continua sinfonia, il verde sgargiante del parco e le fioriture lussureggianti delle ortensie. Quest’esplosione di bellezza, quest’ensemble di natura ha una colonna sonora che potrebbe essere,ca va sans dire, Vivaldi e le sue Quattro stagioni. Stagioni che mutano con la luce e le sfumature del parco durante tutta la giornata: allegro e presto o adagio e largo.
Nel parco, che avvolge la maison, ci si può ristorare per un piccolo percorso nel verde arrivando a scorgere in fondo un curatissimo orto bio. Una delizia. Una casa di famiglia dove si arriva da clienti ma si riparte, nostalgici, come membri di una stessa famiglia. Una grande e affiatata famiglia.
Il primo insegnamento che Alessandro trasmette con entusiasmo e con la pacatezza di chi è fiero di continuare a costruire e portare avanti la sua impresa è nel fare l’imprenditore per essere prima di tutto filosofi di sé stessi. Un imprenditore sensibile alla filosofia, un imprenditore pensatore. Questo suona quasi come una dissonanza ma è realtà. Prima dell’intervista con Alessandro e cioè prima di potergli porre le consuete domande sono stato colto, anzi positivamente travolto, da un profondo senso di gioia per la voglia nel parlami liberamente narrandomi della sua famiglia nonché della sua visione di imprenditorialità (aggiungo appunto illuminata). Questa chiacchierata mi ha colto letteralmente di sorpresa. Non capita spesso di poter fare un’intervista provando la stessa sensazione del compilare un diario, intimo e personale. Un senso di sorpresa entusiasta poiché meravigliato e affascinato dal fatto che per un imprenditore non contino solo ed esclusivamente i numeri. Più che a fare un’intervista avevo come la sensazione di assistere ad un concerto diretto nell’esecuzione dal carisma di uno di quei grandi direttori d’orchestra che oramai però non ci sono più. Davanti a me un imprenditore sensibile al bello, un imprenditore profondamente conoscitore del territorio che lo circonda. Un imprenditore come una volta ma del nostro tempo. Parole che uscivano scivolando in un effluvio di freschezza narrando del segreto della sua famiglia, o meglio di papà Remigio. Uomo solido e dalla grande capacità di pensare sempre a tutti, per tutti e con tanta generosità. Il papà come un buon vino con Valeria, la moglie, fantasticamente elegante che oserei titolare la gran dama di casa, di quelle che oramai esistono solo nelle novelle del passato. Una padrona di casa d’altri tempi, mai stucchevole, che considera l’ospite un importante commensale seduto al suo tavolo. Lei, con estrema grazia ti si siede accanto e con un pacato sorriso riesce a distendere anche l’animo più stropicciato. Pronta ad ascoltare, pronta ad accoglierti. Prima in italiano, poco dopo in un inglese perfetto. Chapeau.

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Ciò che continua a catalizzarmi sempre di più nella nostra conversazione è come però per Alessandro l’essere buoni imprenditori si concentri nella capacità di calarsi in quello che il tempo ci sta dando, comprendendo l’epoca che viviamo declinandola con tutte le sue dinamiche e sfumature. Scegliere che imprenditore si voglia davvero essere e diventare ha infatti una ricaduta, sempre e su tutti. Personale, famiglia, team di lavoro.
La sua è una visione davvero moderna, anzi contemporanea anche se non collima sempre pienamente con la visione patriarcale (e matriarcale). Il confronto però, come lui stesso afferma, per una sana armonia aziendale non deve mai tramutarsi in scontro tra due generazioni: bisogna saper incrociare i binari e unire i vagoni “vecchi” a quelli “nuovi”. Alessandro, da bravo carpentiere, cerca di trovare la soluzione, sempre. Trarre dall’armonia del passato una base per il presente e fondamenta solide per il futuro.
L’ospite che abita Villa Franceschi ha l’occasione inoltre di toccare con mano una nuova visione di lusso, non scontata e assolutamente mai pacchiana perchè qui si promuove e si vende il territorio con professionalità, maestranza. Questo soprattutto grazie alla capacità innata nel sapersi donare. Senza pregiudizi.

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La tendenza aggressiva di molte scelte imprenditoriali stona con il presente, stona con la visione della famiglia Dal Corso. Ora viviamo una fase di attesa e per essere lungimiranti bisogna pazientare, essere filosofi, porsi domande. C’è una grande paura che dimora nei cuori del presente, anche per la Famiglia Dal Corso, ed è il fatto che i figli continuino con armonia la staffetta iniziata dai genitori sapendo cogliere il testimone e portando avanti la tradizione indenne seppure sempre migliorata. Chi si ferma è perduto, chi intende fermarsi sparirà. Il modo per riuscire nell’impresa è non cedere agli eccessi egotici poichè porterebbe, prima o poi, ad una chiusura dell’azienda, o alla vendita come è successo per molte realtà. Un desiderio molto lontano, forse nemmeno ipotizzabile, sicuramente attualmente non una necessità per Villa Franceschi. La famiglia è salda, unita. Questo è forse un altro segreto. Anzi la ricetta magica.
Quello che era il presente per il passato ora non è più attuale per il contemporaneo. Oggigiorno per stare al passo con i tempi bisogna sempre risultare tra i primi, sgomitare. Per farlo però ci vuole maestria, classe e quindi essere in grado di farlo bene, senza storpiature. Un buon ingrediente per riuscire nell’impresa è contare su di un team forte, affiatato, mai frustrato agendo sul suo empowerement. Un buon team di lavoro appagato riuscirà sempre a trasmettere armonia. Altro segreto: Alessandro non accetta e non comprende lo spirito di rassegnazione. L’imprenditore è la figura che assume le decisioni che a ricaduta coinvolgono tutta l’azienda. In questo frangente storico non solo il capo d’azienda ma soprattutto il team deve essere in grado di supportare le decisioni e le scelte aziendali poiché il dipendente non è più una persona sottomessa ma parte integrante alla realtà dinamica dell’impresa.
Le persone scelgono Villa Franceschi per provare e diventare parte integrante di questo contesto d’armonia e, non per ultimo, per riuscire ad essere sempre più attrattivi si deve creare qualcosa di assolutamente unico. Tra l’altro a sostenere l’unicità del luogo non mancano certo molti ospiti illustri.
Il nuovo concetto di lusso sarà riuscire a proporre e vendere, già all’interno della camera, l’esclusività e l’unicità del territorio aggiungendovi però la professionalità, il modo di porsi e la disponibilità nel donarsi. Questo è ciò che farà la differenza. La capacità di riuscire ad essere quello che le persone vogliono esattamente in quel momento. Un nuovo illuminismo dell’imprenditoria.
L’intervista che segue vuole far conoscere un microcosmo che dovrebbe trasformarsi in macrocosmo e diventare modello per il sistema Italia. Tutti noi siamo corresponsabili del nostro bene più prezioso, il nostro territorio. L’Italia della bellezza, l’Italia che detiene un grande patrimonio culturale mondiale. Il più grande. Il bello che non sappiamo valorizzare, il bello che troppo spesso rimane nascosto, impermeato, incuneato e incanalato in un vicolo senza uscita. Cieco. Sarà un atteggiamento doloso o colposo? A voi la risposta.

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1. Una dimora di charme immersa nella natura e adagiata lungo le sponde del fiume Brenta. Il territorio italiano che qui fa da cornice come lo descriverebbe?
Un territorio che può dare molto di più. Un territorio incompreso. Un territorio che potrebbe trasformarsi, se ben amministrato, in un meraviglioso cigno. Colpa della miopia della visione centrata sul medio-breve e non medio-lungo termine, dove tutti vogliono fare delle cose e vederne subito i risultati. Ecco che così si perdono tempo, risorse, energie e assistiamo alla morte della passione. Il turismo, soprattutto in Italia, dovrebbe essere vissuto come senso civico, di orgoglio e di accoglienza. Qui si combatte però con i mulini a vento.
2. Spesso il lusso viene visto come qualcosa di irragiungibile, intoccabile. Come secondo lei è invece possibile sfatare questo mito?
Cambiando il concetto di lusso. Il lusso non è solo sinonimo di montagne d’oro. Il concetto di lusso è sinonimo di tempo che si riesce a dedicare a sé stessi e soprattutto la qualitàche riesco a trasmettere ai miei cari, alla famiglia. La qualità di questo tempo che io spendo con i miei cari. Potrebbe essere smitizzato attraverso la cultura, facendo più educazione civica e sviluppando un senso profondo di rispetto.
3. Eleganza e lusso. Sono sinonimi
No. Il lusso è un po’ come una bella donna: ti affascina, ti coinvolge, t’incanta e t’inebria. Il lusso è il saper trasmettere sensazioni. L’eleganza invece è innata.
4. In Italia la bellezza è di casa. Quale metafora userebbe per descriverla?
Una famiglia riunita a tavola, insieme, che sta mangiando. Quest’immagine perché questo un momento sacro per noi italiani. Un piatto di spaghetti con un po’ di basilico. Questa l’immagina che noi dobbiamo veicolare all’estero.

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5. Villa Franceschi fa parte della catena Relais et Chateaux. Come mai la scelta di farne parte?
Per il bisogno di confrontarsie il bisogno di avere un’associazione di amici e colleghi con i quali condividere un percorso e crescere, è un’altra famigliache se ascoltata dà la possibilità di toccare la luna. Sono molto fiero di far parte di Relais et Chateaux.
6. La famiglia Dal Corso e Villa Franceschi. In che modo avete saputo trasformare un’antica dimora in un hotel carico di così tanto fascino ed eleganza?
Noi siamo prima ristoratori e diventati poi albergatori. Villa Franceschi rappresenta la dichiarazione d’amore che mio papà Remigio ha fatto a mia mamma. Sognavano questa villa, e papà ha seguito l’istinto. La Villa è un pezzo unico, come un gioiello. L’unicità della Villa come tratto distintivo della persona che lui è.
7. L’ospitalità secondo la Famiglia Dal Corso.
Un sorriso e chiamare l’ospite per nome. Aprire la stanza con l’ospite, un cestino di frutta fresca, una lettera di “Benvenuti”. L’ospitalità è concedersi. Non c’è il cliente ma c’è l’ospite. Ospitalità come senza di appartenenza, apri la tua casa ad una persona forestiera che diventa da subito un ospite, anche se pagante.
8. Nel vostro rinomato Ristorante Margherita utilizzate prodotti locali. Quali gli ingredienti e i piatti che più vi contraddistinguono?
Piatti della tradizione, dalla sapienza culinaria della cucina tradizionale veneta di nonna Margherita. I prodotti e la materia prima arrivano da una nota e storica azienda locale. Il piatto che più ci rappresenta e che amava molto mia nonna è: scampi e le sardee in saor. Poi ad esempio le moleche (piccoli, morbidi e fragranti granchi serviti fritti). Le castraure di Sant’Erasmo. La granseola con gli asparagi di Conche. Il risotto scampi e cavolo verza del nostro orto. I fritti che sono poesia. I gelati, come quello al pistacchio mantecato di Bronte. Qui si vende il territorio, l’”italian lifestyle”, l’emozione.

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9. Mira, Venezia e la riviera del Brenta: la rue de bonheur. Quali i legami?
Una strada, un percorso sensoriale ideato da Relais et Chateauxper collegare una serie di eccellenze che appartengono al circuito. La strada inizia da un ristorante stellato della zona (qui siamo sulla strada di Santini). Strada pensata per le persone che vogliano percorrere un sentiero alla scoperta di eccellenze locali diverse ma accomunate dalla stessa qualità. Elementi comuni sono l’ospitalità, la calma, la filosofia, lo charme. Così facendo si riesce a dare al travel agent nel mondo la destinazione Veneto e alcuni suoi circuiti di massimo livello. Cosi facendo si diventa network, destinazione. Qualcosa che non è ripetibile nel mondo.
10. Penso che questo luogo esprima più di tutto la tradizione, di padre in figlio. Corretto?
Assolutamente,anche la paura di un padre di vedere continuare questa tradizione, cioè ciò che ha faticosamente costruito e ora vuole donare con la speranza che tu sappia custodirlo. Quasi un concetto di verismo, per dirlo alla Verga di essere attraverso le cose.
11. Il bello italiano in tre parole secondo la sua esperienza
Inventiva, unicità, cultura. Viviamo nella cultura del bello, lo respiriamo e lo sentiamo addosso.
12. Italia e bellezza. Potrebbe essere fatto di più e cosa per una migliore tutela?
Cosa si vuole fare e in quale direzione? Non abbiamo nennemo un Ministro del Turismo. C’è bisogno di ridefinire il turismo, con un ruolo tecnico sedendosi attorno ad un tavolo. Il petrolio dell’Italia è il turismo. Serve al comando un profondo conoscitore delle dinamiche. Dico solo che ora sono i mercati asiatici che stanno diventando eccellenza per destinazione.
13. La vostra realtà è assolutamente un gran bel biglietto da visita per il Made in Italy. La clientela è prevalentemente straniera? Cosa apprezza più del territorio?
Il 90% è straniero, purtroppo. Apprezzano che si vendi l’italianità, la famiglia e la convivialità. Tu sei riconoscibile perché rappresenti un qualcosa che loro non hanno e diventi quindi attrattiva. Tutto ciò è il frutto di un’alchimia composta da quattro persone, da una famiglia che comunque sa comprendersi costituendo qualcosa di speciale. Irriproducibile. So unique so different. L’ospite prenota quasi incuriosito, magari per avere qualcosa di diverso rispetto a Venezia città, dove manca quel senso di casa, intimità, famiglia.

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14. Il motto della Famiglia Dal Corso.
Nulla è per sempre. Continuare sempre a mettersi in discussione, perché non ci si può mai definire arrivati.
15. Come vede il futuro di Villa Franceschi?
E’ il futuro di tre famiglie. E’ questione di riconoscenza e di non perdersi nella pochezza. Ringrazio la mia famiglia e Villa Franceschi perché per me saranno un “per tutta la vita”.Famiglia, azienda e poi tutto il resto. Futuro è investire, ricapitalizzare e diventare così ancora più competitivi. Ora si deve guardare sempre più al mondoe non alla provincia. Bisogna apportare un valore aggiunto a ciò che si fa altrimenti morirà in noi la miccia, quella forza di conoscere. Questa è la visione per il futuro. Mai smettere di farsi domande. Senza famiglia non c’è azienda ma senza azienda non c’è famiglia.
Il prossimo racconto sulla bellezza italiana parlerà di un’altra grande eccellenza veneziana: Aman Venice Hotel. Un walkin’ through accompagnati in una visita, prima di gusto e poi visiva, dallo chef Dario Ossola. Stay tuned.
Per saperne di più:
Hotel Villa Franceschi Relais et Chateaux
Alessandro Dal Corso e famiglia

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Tutti gli scatti di questo articolo sono di Tomas Sanvido
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