Chef e imprenditrice energica, solare, creativa. Ritu Dalmia, star della cucina indiana ma con base anche a Milano. Il suo Cittamani è un luogo prezioso, curato e dove l’estetica non è solo nel piatto. Una cucina raffinata ma di sostanza.
Inaspettatamente folgorata dal cibo italiano, una nuova intervista per il mio progetto “Glocal cuisine: Milano e dintorni”.
La sua è una cucina indiana contemporanea. In India possiede il gruppo Diva Restaurants (sette locali uno diverso dall’altro, e circa 200 persone impiegate), un’ attività di catering di lusso e molte apparizioni televisive. Oggi tra i suoi ristoranti spicca il Diva Italian, oltre alla caffetteria che gestisce presso il Centro Culturale dell’Ambasciata Italiana di Chanakyapuri, a Delhi.

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L’Italia però è un po’ uno dei suoi grandi amori. Qui ha girato inoltre tre serie per il format televisivo Italian Khana, serie di grande successo in India, da cui è stato tratto un libro di cucina italiana.
Con questa intervista avrete la possibilità di conoscere da vicino una grande stella della cucina, un grande talento creativo che ha scelto Milano come la dimora. L’Italia.
In collaborazione con la chef stellata Michelin Viviana Varese del ristorante Viva ha da poco inaugurato Spica restaurant.
Cliccando qui potrete leggere il mio diario di viaggio in India. Pronti a partire? Vi guido io.
La parola ora a Chef Ritu Dalmia.
Lei è di Calcutta (India). Come descriverebbe la cucina indiana in tre parole?
Sì, io vengo da Calcutta. Secondo me la cucina indiana può essere descritta come: intensa, complicata, variegata.

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Lei è conosciuta come una grande artista e maestra della cucina contemporanea indiana. Qual è il suo segreto per confermare la sua fama anche in Italia?
In realtà per tutta la vita sono stata conosciuta più come artista per il cibo italiano, piuttosto che per il cibo indiano. Quando ho compiuto 40 anni avevo bisogno di una sfida, e il cibo indiano era qualcosa che non ho mai stranamente esplorato professionalmente, il che mi ha fatto vergognare ed è così che è iniziata la mia scoperta per il cibo indiano. Sei molto gentile quando mi chiedi della mia notorietà, ma io non sono eccezionale, e ogni giorno faccio errori e imparo anche qualcosa. In Italia sono stata molto fortunata perché il Belpaese mi ha abbracciata, amata e rispettata, e alla fine il segreto è lo stesso: servo il mio cibo con tutto il mio amore, attenzione e affetto.
Come idea e crea le sue ricette? Cosa la ispira? Ha qualche modello di riferimento?
Pianificare e creare menu e ricette: per me creare nuove ricette e menu è la parte più divertente del mio lavoro. Facciamo molte prove ed errori, viaggio molto. Ogni volta che scopro qualche nuovo ingrediente, o un nuovo piatto, voglio ricrearlo nella mia cucina, e quando lo faccio, si scopre sempre qualcosa di nuovo e qualcosa di diverso dal ricordo di ciò che avevo inizialmente assaggiato. In Cittamani il mio focus è sempre sui piatti indiani che non trovi nei ristoranti, per poi ricrearli con ingredienti e sensibilità italiani.

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Italia e India in cucina. Quale cuore, indiano o italiano, batte più forte nella sua cucina?
Questa domanda è politicamente scorretta. Quando sono a Cittamani, il mio cuore batte solo per Cittamani, quando sono a Diva, mi innamoro di nuovo di Diva. Sono molto più a mio agio e serena con il cibo italiano, ma con il cibo indiano sto ancora scoprendo sempre qualcosa di nuovo ogni giorno. Mettiamola in questo modo: il cibo italiano è il mio vecchio amico, il mio compagno, la mia anima gemella, il cibo indiano sta improvvisamente diventando un nuovo amico con cui ho molto di cui parlare.
“Cucina g-local”, cosa significa secondo la sua esperienza?
Siamo in un mondo alquanto paradossale in questo momento, da un lato tutta la terra sta andando bene cercando di tenere lontane le varie influenze straniere, dall’altro siamo diventati cittadini globali, le persone viaggiano molto mangiando anche cibo diverso. Gli stessi marchi di negozi in tutto il mondo oppure gli stessi chef italiani che usano influenze asiatiche, mentre gli americani entusiasti stanno lavorando con le tecniche Fareast. Quindi, a parte la tradizione della cucina che è un’eredità di un paese, ci sono anche molti esperimenti in corso – un mondo senza frontiere – se ciò accadesse in ogni aspetto della nostra vita, che mondo meraviglioso avremo!

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Con questo augurio finale termina l’intervista, l’ultima di questo progetto che ci ha fatto conoscere la cucina g-local, la cucina del mondo contaminata di quel sapore italiano e nostrano comunque sempre presente.
Potrete leggere le altre interviste cliccando direttamente su Chef Takeshi Iwai (Ada&Augusto) e su Chef Chang Liu (Serica). Buona lettura!
Un mondo senza frontiere a cui piace sperimentare. L’esperimento in cucina, come incontro e commistione di culture diverse. Per un mondo meraviglioso, più gustoso.
Grazie Chef Ritu Dalmia, ci ri-vediamo in India!
Informazioni utili:
Tutti gli scatti di questo articolo sono di Cittamani e Modestino Tozzi
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