CONVENTO MONTEROSSO AL MARE: ACCOGLIENZA DIVINA

Convento Monterosso al Mare: accoglienza divina. Un luogo che non lascia certamente indifferenti ma quello che maggiormente colpisce è la disponibilità del suo unico custode: padre Renato Brenz Verca. Un convento con ben 400 anni di storia ma che gode di quella luminosità riflessa non solo dalla vastità del mare a strapiombo bensì dalla voce ricolma di pace di padre Renato.

Il cuore del luogo è costituito dalle persone che lo vivono. Chi sale i 150 gradini per raggiungere il convento lo fa e dovrebbe farlo per cogliere l’occasione di intraprendere una sorta di cammino spirituale. Non unicamente dal punto di vista della fede ma di una possibilità per nutrire mente, spirito e corpo. L’uomo è spirituale per natura e tutti gli esseri umani hanno immensa fame di amore e bellezza ed è solo semplice comodità negarne l’esistenza. Queste le prima parole di padre Renato, queste le migliori parole per iniziare un viaggio “Attraverso Monasteri e Conventi d’Italia” con Viacolbento.

Ogni luogo è fatto da chi lo vive e da chi viene a condividerlo. Soprattutto qui dove si offre accoglienza e ascolto ad ogni viandante o pellegrino. Un posto aperto alla spiritualità e all’ospitalità ma circondato da quel sentore mistico. Un luogo di pace dove il soffio di vento che sferza il mare è la carezza balsamica per ogni animo errante. Salire le scale per giungere al convento è un’attesa e al contempo un immaginare e desiderare. Una volta arrivati ci si sente abbracciati e la pace investe qualsiasi animo, o quasi. Ogni persona dà valore e preziosità al luogo che abita e andrà ad abitare.

Parliamo forse del Convento cappuccino più bello in Liguria. Qui la cura della quotidianità è fatta di semplicità sulla base di ciò che si ha a disposizione.

Padre Renato, origine valtellinese, è entrato in convento alla tenera età di 12 anni. A 6 anni sapeva già cosa avrebbe fatto da grande: il frate. Dalla Valtellina al mare sempre e comunque con lo sguardo volto agli amati monti. Una parola per autodefinirsi: felice. Quanti di noi possono consapevolmente definirsi felici?

La regola dell’Ordine è sempre propositiva e mai negativa. La persona fa il luogo ma rispettando alcune regole condivise per il bene comune. Molte persone ospiti del convento dicono spesso quanto difficile sia abbandonare il convento. Dopo una quotidianità passata tra la raccolta dei capperi, lo sgranare la lavanda, la lettura di un romanzo sperdendo lo sguardo all’orizzonte mentre la brezza smuove soavemente le ciocche indomite di capelli non è certo facile congedarsi.

Qui l’ospitalità è aperta a tutti: credenti e meno credenti, laici o religiosi. Convento che nelle parole di padre Renato è più un faro che attira (dona dei segnali da decifrare) e rimanda alla rielaborazione personale di ognuno. Molti volontari affiancano le varie attività di padre Renato ma lui è l’unico abitante regolare, il vero conoscitore e guida.

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Quando capita di contemplare la solitudine padre Renato afferma che comunque non si sente mai solo perché le stesse mura sono intrise di presenza ed è questa la vera bellezza. Il convento è la semplicità che si fa luogo e questa la sua particolare e singolare unicità. Bellezza che abita ogni intarsio del pavimento di Lavagna (pietra e legno). C’è un’armonia generale che dona pace al luogo e questo crea la bellezza che penetra nel profondo. Padre Renato è il custode della bellezza del convento, un compito non facile e scontato ma anche un onore da coltivare con costanza e dedizioni quotidiane.

Convento Monterosso al Mare ha una terrazza panoramica un tempo adibita a clausura per la sola comunità dei frati. Qui ci si ritirava per la contemplazione, la solitudine, il silenzio, la preghiera. Era un luogo interdetto ai più. Il nome di questa terrazza è per l’appunto “Paradiso dei frati”. Altro luogo che padre Renato cura con gelosia e dove non tutti possono entrarvi è l’orto che definisce il pensatoio. Ogni tanto qui manda qualcuno a meditare (dove anche Vittorio Sgarbi è riuscito forse a contemplare per un po’ in silenzio il silenzio). La bellezza però, forse inaspettata, sta anche nella semplicità di un momento come il suonare la campana a corda che per gli ospiti riserva vera e propria emozione. Le cose semplici lasciano il segno.

Padre Renato fa il pesto, le marmellate fresche che poi serve agli ospiti. L’ospitalità parte dal cuore di ognuno di noi. Per i francescani fare questo è di fondamentale importanza e di manzoniana memoria dato che sono definiti i “frati del popolo”. L’accoglienza parte dallo stare a contatto con la gente anche se fa parte della regola dell’Ordine stesso che il convento venisse costruito appena fuori dal borgo anche se non troppo per essere pronti nell’eventualità di dare una mano alla popolazione locale. Lo stesso dire “pace e bene” non è un informale buongiorno. La pace è qualcosa di più grande e si deve avere la forza di condividerla sempre.

Così facendo nascono relazioni e amicizie. Convento Monterosso al Mare non è un luogo per l’individualismo ma per lo stare insieme. Spazio di libertà che permette all’altro di venire fuori per quello che è. Qui si accolgono tutti: questo è rispetto. Allo stesso tempo chiunque deve avere estremo riguardo del luogo e delle sue poche ma fondamentali regole.

La vita in convento è regolata da incontri comunitari. Chi viene sa bene che qui non si fa, ad esempio, la prima colazione quando si vuole. Padre Renato non è un frate albergatore ma un cultore dell’ospitalità fatta di crescita e confronto. Le regole sono: h8 le Lodi mattutine e la Santa Messa, poi la prima colazione con le marmellate di casa. Il nutrire è accoglienza. Per il restante tempo la giornata può scorrere libera ossia tra letture, mare, passeggiate, meditazione, riposo. Alla sera ci sono invece i Vespri e la cena sempre e comunque condivisa. La puntualità è un assoluto fondamentale e imprescindibile. Non c’è certo il buffet all you can eat.

Michelangelo Pistoletto, che è stato ospite in principio dubbioso di Padre Renato, andando a presentare il suo libro “Terzo Paradiso” a Monterosso e poi salendo al convento ha affermato quanto segue: “Padre io la guardo, lei è il convento e noi qui i nuovi monaci moderni”. Questo per dire anche come i conventi debbano essere e diventare sempre di più accoglienti senza però mai snaturarsi tramutandosi in ciò che non sono e non riuscirebbero ad essere: alberghi. Aprire le porte ma sempre con sensibilità e intelligenza.

Spiritualità e turismo sono un binomio perfetto e assolutamente non un ossimoro. Padre Renato vorrebbe che le Cinque Terre diventassero meno “turismificio” con l’adozione di una pastorale del turismo. In questa enclave di bellezza ligure approdano, in tempi normali, circa 3 milioni di turisti all’anno. Le Cinque Terre dovrebbero diventare più un luogo privilegiato per una vacanza mistica dove regni il rispetto incondizionato per la natura. Questo soprattutto riguardo alla delicatezza e fragilità dell’ecosistema locale. “Convento Monterosso al Mare: accoglienza divina” vuole proprio rendere l’idea e farvi partecipi di quanto speciale possa essere ammirare da vicino luoghi come questi.

Al Convento Monterosso al Mare si sale di proposito, con l’intenzione e la voglia di farlo portandosi appresso il proprio fardello personale. Si sale con fatica, gradino dopo gradino si desidera raggiungere l’altura del Colle dei Cappuccini dove comincia il pellegrinaggio dell’anima.

Convento Monterosso al Mare: accoglienza divina. Qui si approda per una visita esclusiva se vogliamo quasi di nicchia. L’occasione deve essere propizia per unire la spiritualità al turismo. Questo è lo sguardo e l’auspicio per un futuro reale soprattutto qui nel Paradiso chiamato Cinque Terre. Luogo mistico e contemporaneamente turistico che deve evolversi verso una forma sempre più consapevole e meno di massa. Un lusso divino non per pochi ma per chi vuole esplorare la bellezza della terra con sensibilità ed estrema delicatezza. Chi lo sa se l’era del post Covid19 avrà davvero rivoluzionato il nostro senso e rispetto per la bellezza?

Grazie padre Renato, a presto!

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Convento Monterosso al mare

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