Savini 1867: una storia di gusto con Maria Callas, Luchino Visconti, Charlie Chaplin, Ranieri e Grace di Monaco, Erich Maria Remarque, Lana Turner, Jean Gabin, Frank Sinatra, Ava Gardner, Carla Fracci, Henry Ford, Peppino de Filippo e il grande Antonio De Curtis, in arte Totò. Aggiungiamo, con timida riverenza, anche Viacolbento.
Poter essere ospiti e aver l’occasione di raccontare un luogo immaginifico come Savini 1867 è motivo di vanto, onore e orgoglio. Questo un vero tempio e ormai meta di riverente andirivieni gastronomico soprattutto da parte di tantissimi turisti stranieri. Un vero peccato perchè pochi milanesi, e non solo, conoscono la storia e l’allure che circondano questo ristorante oramai simbolo ed emblema di Milano e del suo “salotto”, la Galleria.

Il ristorante consta di locali arredati con elementi classici, sinuosi paralumi di stoffa, grandi lampadari ad evocare un rimando a quello che era l’antico fascino del cenare dopo teatro e a Milano, il celeberrimo dopo Scala. Eleganza e sobria opulenza. Il servizio procede rapido ma con attenta e sufficiente premura. Sedersi e poter gustare qualche leccornia beatamente seduti al cospetto di uno dei luoghi mondiali del lusso e della storia non ha, quasi, prezzo. Per alcuni uno sfizio da concedersi almeno una volta nella vita per altri una vera e propria meta imprescindibile di pellegrinaggio gourmet.


La proposta della cucina capitanata dall’ Executive Chef Matteo Gelmini (dal 2013) per Viacolbento:
Crudo di mare: selezione di ostriche, scampi di Sicilia, gambero rosso di Mazzara del Vallo, ricciola. Un quadro di chiarista memoria. Ingredienti dalle sfumature decisi e dai colori chiari, segno leggero ma intriso di luce.



Terrina di foies gras al Vin Santo con composta di limoni naturali e pan d’ épices. Il tocco speziato del pane, il garbo acidulo della composta di limoni, l’amaro dispettoso del foies gras. Iperbole.

Risotto allo zafferano secondo la tradizione milanese. Oseremo dire che qui si viene e si deve venire, per forza, per questa meravigliosa creazione. Un piatto sartoriale di minuziosa bontà.

Tonnarelli all’astice, erbette, pomodorini e riduzione al Cointreau. Succulenta polpa, ottimo savoir al palato. Senza eccessi.

Ricciola alla plancia in salsa Teriaki, crema leggera di provola affumicata, cavolo riccio e tartufo nero. Chi diceva il pesce non può abbinarsi al formaggio? Sicuramente non era in sè.

Filetto di manzo alla Wellington versione moderna. Il buono senza artifizio.

Nocciola in quattro forme. Sono sempre piacevoli le declinazioni dolci.

La proposta non è carica di piroette e capogiri ma si avvale dei grandi classici tradizionali e internazionali ben eseguiti con qualche variazione e deviazione riportando sempre il tutto verso il caposaldo fermo e determinato dell’ inespugnabile roccaforte classica (non per forza solo milanese).
Dormire a Milano? Galleria Altido per un soggiorno di charme. Leggi l’articolo qui


Savini 1867: una storia di gusto ed eleganza nato in periodo Belle Époque, il Savini, divenne subito il locale più elegante di Milano, salotto di personaggi importanti, letterati e giornalisti: G. Verdi, G. Puccini, P.Mascagni, A. Toscanini, E. Duse e Sacha Guitry, A. Boito, G. D’Annunzio, G. Verga, Mosè Bianchi, L.Capuana, e Filippo Tommaso Marinetti che proprio al Savini lasciò il Manifesto del Movimento Futurista, pubblicato nel 1909 su Le Figaro. Voi lo sapevate?
Buona scoperta!
Informazioni